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ESCLUSIVA TC - PIERPAOLO BISOLI: "A Cagliari ho vissuto anni meravigliosi: i migliori con Mazzone e Giorgi. Nella semifinale di ritorno di Coppa Uefa fummo sorpresi dall'avvio travolgente dell'Inter. Auguro a Ranieri di salvare i rossoblù"

ESCLUSIVA TC - PIERPAOLO BISOLI: "A Cagliari ho vissuto anni meravigliosi: i migliori con Mazzone e Giorgi. Nella semifinale di ritorno di Coppa Uefa fummo sorpresi dall'avvio travolgente dell'Inter. Auguro a Ranieri di salvare i rossoblù"TUTTOmercatoWEB.com
lunedì 18 marzo 2024, 15:38Primo piano
di Matteo Bordiga

Passeggiando per il centro di Cagliari è ancora possibile leggere, sui muri di alcuni palazzi, la scritta – tracciata con lo spray – “Bisoli non si tocca”.

Aldilà dell’ovvia inopportunità di imbrattare il suolo e le strutture pubbliche della città, la dichiarazione d’amore nei confronti di Pierpaolo Bisoli, mediano “settepolmoni” di Porretta Terme, racconta del grande affetto che i tifosi nutrivano per un giocatore che si è sempre sacrificato per la causa rossoblù. Senza dimenticare i due gravi infortuni – due fratture – occorsi sul campo al centrocampista emiliano, che lo hanno costretto a lunghe e dolorose riabilitazioni.

Dal 1991 al 1997 perno imprescindibile e ago della bilancia del centrocampo cagliaritano, Bisoli ha attraversato gli anni più entusiasmanti della storia recente del club isolano. Dalla salvezza – seguita poi da uno straordinario sesto posto in campionato – con Carlo Mazzone alla cavalcata europea sotto la guida di Bruno Giorgi. In Sardegna ha vissuto anche una fugace esperienza da allenatore, nel 2010, molto meno fortunata rispetto alla sua fulgida parabola da calciatore.

Pierpaolo, come ricorda l’approdo in maglia rossoblù? Correva il lontano 1991…

“Fu come la realizzazione di un sogno. Fin da bambino coltivavo l’utopia di arrivare, un giorno, a giocare in serie A. Carmine Longo vide alcune partite del Viareggio – la squadra in cui io allora militavo – e alla fine del campionato decise di chiamarmi per propormi di venire al Cagliari. Mi chiese: ‘Vuoi venire a giocare nella nazionale sarda?’. Io gli risposi immediatamente: ‘Vengo anche a piedi’.”

Nella prima stagione in Sardegna lei segnò un gol prestigioso contro il Milan degli Invincibili, che portò il Cagliari provvisoriamente in vantaggio. Poi la gara non finì nel migliore dei modi, ma immagino che quella rete sia rimasta scolpita nella sua memoria.

“Segnai contro la squadra che, a mio avviso, a tutt’oggi rimane la più forte corazzata europea di ogni epoca. Portare il Cagliari sull’1-0 contro i dominatori del calcio internazionale fu una sensazione fantastica e irripetibile. Poi purtroppo il Milan vinse per 4-1 grazie anche a una strepitosa tripletta di Van Basten; peccato, perché disputammo un primo tempo travolgente nel quale rischiammo perfino di raddoppiare. Ma il ricordo del primo gol in serie A, per giunta segnato a dei fuoriclasse di quel calibro, è in me ancora più che vivo.”

Delle tante stagioni che lei ha vissuto a Cagliari dal 1991 al 1997 qual è quella che ricorda con maggiore emozione e trasporto?

“L’anno della qualificazione in Coppa Uefa e poi la stagione seguente, quando sfiorammo la finale della competizione continentale. Credo si tratti del secondo più importante risultato sportivo mai conseguito dal Cagliari dopo l’irraggiungibile Scudetto targato Gigi Riva. Tornare in Europa e poi rischiare addirittura di trionfare in Coppa Uefa fu davvero elettrizzante.”

A questo proposito, la semifinale di ritorno persa contro l’Inter al Meazza è uno dei più grandi rimpianti della storia rossoblù. Quell’anno il Cagliari non era inferiore ai nerazzurri. Anzi, dopo aver eliminato la Juventus ai quarti eravate diventati i più accreditati pretendenti alla finale. Cosa accadde a Milano? Cosa mancò per compiere il penultimo passo verso la gloria?

“In quel periodo io rientravo da un infortunio, per cui non giocai la doppia semifinale. Però vissi coi miei compagni il prepartita a San Siro. Noi purtroppo fummo sorpresi dall’avvio a tutta birra dell’Inter, che costruì tante occasioni e si portò piuttosto rapidamente in vantaggio. Dopo per i nerazzurri fu tutto più facile. Si rivelò decisivo il rientro di Nicola Berti, che in quella gara spostò veramente gli equilibri. Non riuscimmo a contenere l’ondata iniziale dei meneghini. Peccato, perché ce la mettemmo proprio tutta. Ovviamente avevamo anche l’impellenza di mantenere la categoria, altro obiettivo prioritario di quella stagione. Per cui molte energie furono destinate a conquistare la salvezza.”

Pierpaolo, dei tanti grandi tecnici che ha avuto a Cagliari – da Mazzone a Bruno Giorgi, da Tabarez a Trapattoni – ce n’è uno al quale è rimasto particolarmente legato a livello affettivo?

“Indubbiamente Mazzone: nel 1991 prese in mano la squadra dopo l’avvio di stagione negativo con Giacomini e la condusse, in un anno e mezzo, allo sbarco in Europa. In più fu lui a darmi l’opportunità di misurarmi con una categoria che, fino a quel periodo, per me era poco più che una chimera.”

Che tipo di tecnico era? Alcuni all’epoca lo bollarono come “difensivista”, eppure quel Cagliari tutto era meno che remissivo o rinunciatario…

“Carlo non sapeva vendere la sua immagine: passava per essere un difensivista, ma era tutto il contrario. Faceva e insegnava poche cose, ma le insegnava benissimo: quando scendevamo in campo con lui sapevamo alla perfezione quello che dovevamo fare. Purtroppo le etichette è difficile levarsele di dosso: ne so qualcosa anch’io. Ma credo che alla fine siano i risultati a determinare le qualità e lo spessore di un allenatore. Mazzone era accorto, come molti altri tecnici bravi, su alcune situazioni, ma non dimentichiamoci che noi avevamo un terzino sinistro, come Pusceddu, che segnava spesso e volentieri e in fase offensiva era come una sorta di ala aggiunta. Quindi ‘Sor Magara’, in fin dei conti, era tutto meno che difensivista. Piuttosto, dava alla squadra un’organizzazione di gioco ben precisa.”

Venendo al Cagliari di oggi, lei ha affrontato i rossoblù di Ranieri lo scorso anno in B col Sudtirol. Oggi Nandez e compagni sgomitano per conservare il posto in serie A. A suo avviso ce la faranno?

“Io glielo auguro, innanzitutto perché Cagliari ha un posto speciale nel mio cuore e poi perché un tecnico come Ranieri lo meriterebbe. C’è anche un direttore sportivo molto bravo, Bonato, che conosco: è un vero intenditore di calcio. Quest’anno la squadra è partita non con tante sicurezze, ma poi grazie alla bravura dell’allenatore si è ripresa e adesso dovrà lottare fino all’ultimo respiro con altre sei o sette rivali per mantenere la categoria. L’esperienza e la tranquillità del mister saranno fondamentali per traghettare i ragazzi al porto della salvezza.”