Guglielmo Coppola: "Ranieri mi ha tolto qualcosa, ma lo amo. Cagliari, ora punta sui giovani"

Nel corso dell'evento per il decennale di Galleria Progetti, l'ex attaccante rossoblù Guglielmo Coppola ha ripercorso il suo addio al Cagliari nell'estate del 1989, quando fu ceduto al Taranto anche a causa dei problemi economici del club isolano, evidenziando il grande rapporto umano con Claudio Ranieri. Di seguito le sue parole, sintetizzate da TuttoCagliari.net:
"L’ho vissuta… Ma non benissimo. L’idea che devi per forza vendere il giocatore migliore… per alcuni, il Cagliari è questo. Ma ricordo che quando mi hanno ceduto, non l’ho presa affatto bene. Mi dicevano: “Stai tranquillo”, ma dentro non ero sereno. Anche perché io, il mister, lo amo. Ranieri per me è stato tanto".
Coppola racconta con emozione la sua esperienza con Claudio Ranieri, l’uomo che più di tutti gli ha lasciato un segno, anche se – come ammette lui stesso – in quel momento gli ha “tolto qualcosa”.
"In un certo senso mi ha tarpato le ali. Ma lui non c’entrava niente. Era una scelta della società, serviva alla società. Ora posso dirlo: ho pianto tanto. Ho sofferto davvero. Perché in lui avevo visto quello che poi sarebbe diventato. Lo percepivo. Ranieri è una persona che ti trasmette una carica incredibile. Quando trovi uno così, è impossibile restare indifferenti. I carismatici attivano sempre qualcosa dentro di te. E io sono uno che si accende facilmente. Per questo, un po’ mi ha tolto qualcosa, sì. Il suo segreto? La serietà. È una persona seria. Quello che dice a me lo dice anche in televisione, senza filtri. Potrebbe dirmi qualcosa in più in privato, ma non lo fa: è sempre coerente. Bugie? Poche. Anzi, quasi nessuna. Già allora era credibile. Io avevo 27 anni, avevo esperienza. Con me c’erano Roberto Barozzi e Giovannelli, che lo avevano avuto come compagno di squadra. Mi avevano parlato dell’uomo prima ancora che del tecnico. E quando una persona è credibile, e quello che ti propone funziona, gli dai ancora più fiducia".
Poi, la riflessione su quanto le sliding doors della vita possano cambiare tutto.
"Se lo avessi incontrato prima, magari qualche anno prima, forse la mia carriera sarebbe stata diversa. Chi lo sa? Però so che a 27 anni mi ha tolto l’opportunità di restare dove volevo restare. Io volevo rimanere a Cagliari. I soldi non mi interessavano, anche se avevo mercato. Ricordo che fui venduto per un miliardo e 350 milioni. Per un giocatore di Serie C, nel 1988, era una cifra pazzesca".
Ma cosa ne fece il Cagliari di quei soldi?
"Hanno sistemato un po’ le casse. Non hanno comprato nessuno, ed è questo il bello. I fratelli Orrù non erano arrivati con le tasche piene, come si dice in Toscana. Hanno ripianato i debiti, hanno fatto scelte oculate. Presero solo giocatori in prestito: Paolino e Rocco dall’Inter, giovani della Primavera. Poi, se ricordo bene, Greco dalla Lazio. Ma in sostanza, sono partito solo io. Non è che con quei soldi abbiano rivoluzionato la squadra".
E proprio da quel ricordo, Coppola lancia un messaggio chiaro al presente.
"Corsi e ricorsi. Oggi come allora, il Cagliari dovrebbe puntare sui giovani della Primavera anche per la prima squadra. Ne parlavo poco fa con il mister. Se ci sono ragazzi bravi, perché no? Le risorse vere del Cagliari, oggi, sono proprio lì".