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UN MIRTO CON... VITTORIO PUSCEDDU: "Ci sono poche cose da salvare nel Cagliari dell'anno scorso. Ma do un bel 10 a Ranieri, che è stato determinante per la salvezza. Ora servono acquisti mirati e di qualità. Piccoli in Sardegna potrebbe fare bene"

di Matteo Bordiga

Vittorio Pusceddu è stato uno dei terzini sinistri più forti della storia del Cagliari: coniugava disciplina e applicazione difensiva a una grande esuberanza sulla fascia mancina, che gli consentiva di imperversare nella metà campo avversaria e di pennellare cross al bacio per le punte. A tutto ciò si aggiungeva un tiro alla dinamite, che da qualsiasi distanza faceva tremare chi avesse la sfortuna di imbattersi sulla sua traiettoria.

Oltre a essere stato un grande “esterno basso” (oggi si direbbe così) che si trasformava in ala sinistra in fase offensiva, Pusceddu è anche un rigoroso e puntuale analista di tutto ciò che riguarda la realtà cagliaritana. Equilibrato e realista, quando necessario non lesina stilettate o comunque critiche alla sua squadra del cuore, lui che è nato a Buggerru e che proprio con la maglia rossoblù si è ritagliato un ruolo da protagonista sul palcoscenico del calcio nazionale.

Vittorio, domanda secca: come definisce il campionato disputato dal Cagliari nell’anno del suo ritorno in serie A?

“Direi che a un girone d’andata molto mediocre e deficitario ha fatto da contraltare un girone di ritorno leggermente migliore, se non altro perché ha portato a una pur sofferta salvezza. In buona sostanza, di cose da salvare nel torneo disputato dai rossoblù ce ne sono state a mio parere ben poche. Nel girone d’andata non si è vista l’ombra di un gioco collettivo e organizzato, mentre nella seconda parte della stagione qualcosa è migliorato grazie all’assestamento della difesa con l’acquisto di Mina e all’ingaggio di Gaetano, che ha sfoderato alcune prestazioni veramente importanti.

Nel complesso fatico a definire positivo il campionato del Cagliari. Alla squadra darei un 6 stiracchiato, mentre un bel 10 va a Claudio Ranieri, che ha rivestito un ruolo fondamentale. Dalle sue paventate dimissioni, che hanno fatto svoltare psicologicamente i giocatori e hanno messo a ciascuno di loro l’argento vivo addosso, di fatto è iniziato il campionato dei sardi.”

E per la prossima, ormai imminente stagione che sensazioni ha?

“Temo che si rivelerà ancora più dura della precedente. Anche perché sono salite dalla B società come il Parma e il Como, che hanno alle spalle proprietà molto facoltose. Il Como in particolare sta tentando di mettere a segno acquisti importantissimi, per cui si candida a potenziale squadra rivelazione del campionato.

Per quanto riguarda il Cagliari, fino a questo momento ha preso giocatori a mio parere normali. Non elementi in grado di farci fare il salto di qualità, insomma. Anche se poi, come sempre, sarà il campo a dare il responso definitivo. Personalmente sono convinto che la campagna acquisti debba essere condotta guardando non alla quantità dei calciatori ingaggiati, ma alla qualità di ciascuno di loro. Non serve a nulla prendere tanti elementi se poi nessuno di loro rappresenta un vero valore aggiunto. Non parlo del Cagliari, parlo in generale. Declinando questo ragionamento sulla compagine rossoblù, credo che il reparto difensivo l’anno scorso sia stato quello più deficitario. Quindi occorre che Bonato intervenga prioritariamente sulla retroguardia. Ma con acquisti, ripeto, mirati e di qualità.”

Non trova che anche un costruttore di gioco, o comunque un centrocampista dai piedi buoni capace di dare fosforo alla manovra e di fungere da collante col reparto avanzato, sia quantomai necessario?

“Assolutamente sì. Vado ripetendo da parecchio tempo che al Cagliari manca un regista vero e proprio che faccia girare la squadra. Un vero e proprio punto di riferimento a centrocampo. E mi concentrerei anche sull’aspetto mentale: spesso e volentieri l’anno scorso regalavamo un tempo, di solito il primo, agli avversari. È vero che poi soprattutto in casa riuscivamo a recuperare, dimostrando carattere, ma non si può iniziare sempre a giocare a calcio dal 45’. Può andarti bene due, tre, quattro volte, ma i miracoli non si ripetono in eterno.”

Lei ritiene che Davide Nicola sia il tecnico giusto per instillare una mentalità diversa nei giocatori, migliorando l’approccio alle partite?

“Nicola ha ottenuto recentemente ottimi risultati soprattutto grazie alla sua grinta, al suo carisma e alla sua voglia di non mollare mai. Ma sarà fondamentale che la società gli metta a disposizione i giocatori che chiederà: oggigiorno è necessario avere non solo undici titolari, ma venticinque elementi potenzialmente tutti sullo stesso piano. Con i cinque cambi i sostituiti devono poter rimpiazzare in qualsiasi momento i titolari.”

Il Cagliari ha quasi chiuso per Piccoli e Zortea, mentre è già ufficiale Luperto dall’Empoli. Sono i rinforzi giusti per alzare l’asticella?

“Piccoli non avrà fatto tanti gol al Lecce, ma giocava spesso e volentieri. Questo vuol dire che, magari, sapeva fare reparto da solo. La formazione salentina si è salvata meritatamente e, tra l’altro, prima dello stesso Cagliari, disputando un buon campionato sia con D’Aversa che successivamente con Gotti. Piccoli è un attaccante di buona qualità che, probabilmente, ha bisogno dell’ambiente giusto per esplodere. A Cagliari potrebbe dare il suo bel contributo. Zortea è un altro elemento di discreto livello, mentre Felici, prelevato dalla Feralpisalò, rappresenta la classica scommessa da vincere. Sappiamo che tra la serie B e la serie A c’è un abisso dal punto di vista qualitativo.

Credo che questi nuovi acquisti non avranno problemi a integrarsi in un ambiente come quello di Cagliari. L’importante è che, assieme a tutti i compagni, imparino a giocare veramente da squadra: cosa che non sempre abbiamo visto fare al Cagliari della passata stagione.”


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