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UN MIRTO CON... ENZO BRAVI: "A Cagliari c'era un'afa tremenda, boccheggiavo e non riuscivo a stare in piedi. Poi debuttai in Coppa Italia a Terni, dove c'era fresco, e mi sentii rinascere. Che ricordi in quei due anni in Sardegna, dal '78 all'80!"

di Matteo Bordiga

Due anni indimenticabili vissuti a Cagliari, parte integrante di una squadra, di uno spogliatoio e di un ambiente fantastici.

Enzo Bravi, portiere rossoblù dal 1978 al 1980, sfoglia l’album dei ricordi e rievoca la sua esperienza in Sardegna, rimasta letteralmente scolpita nella sua memoria di calciatore e di uomo.  

Enzo, cosa le ha lasciato il periodo trascorso nell’Isola tanto dal punto di vista sportivo quanto sotto l’aspetto personale?

“Arrivai in Sardegna in circostanze particolari. Militavo nella Massese, una società all’epoca piuttosto in crisi. Tramite amici avevo saputo che il Cagliari stava cercando un altro portiere oltre a Corti. Uno che potesse fargli da secondo. Così mi unii al ritiro dei rossoblù, anche perché conoscevo già Casagrande, Roffi e Osellame. Andò bene e così, nell’estate del 1978, si concretizzò il mio tesseramento.

Ricordo che andammo a disputare un’amichevole a Lucca, a cui io non potevo prendere parte perché non ero tanto allenato. Giocò Corti, ma in uno scontro con Casagrande si infortunò piuttosto seriamente. Così mister Tiddia mi anticipò che la successiva gara di Coppa Italia avrei dovuto giocarla io, perché Roberto ne avrebbe avuto almeno per un mese e mezzo. Voglio ricordare che l’altro portiere che era a disposizione del mister era il caro, compianto Roberto Dore. Bravissimo ragazzo e vero amico.

Dopo Ferragosto tornammo a Cagliari, dove si soffocava letteralmente. La canicola estiva non lasciava scampo: agli allenamenti io boccheggiavo. In vista della gara di Coppa Italia dissi a Tiddia di non farmi giocare, perché proprio non riuscivo a reggermi in piedi per via del caldo. Invece andammo a Terni e giocammo anche bene, me compreso: facemmo 0-0. L’aria fresca dell’Umbria mi fece tornare in sentimenti, così ripresi coraggio. Poi, sempre in Coppa Italia, pareggiammo per 1-1 in dieci uomini ad Ascoli – e quella fu la gara in cui a Tiddia venne l’idea di spostare Brugnera nel ruolo di libero – battemmo per 2-1 il Varese e superammo la Roma al Sant’Elia per 3-1. Poi mi sedetti nuovamente in panchina con l’inizio del campionato e tornai a giocare i quarti di finale di Coppa Italia, nei quali purtroppo venimmo eliminati dal Catanzaro.

Aldilà delle gare che ho disputato quell’anno, ricordo la cavalcata trionfale della squadra verso la serie A. Il Sant’Elia era uno spettacolo, con oltre sessantamila persone che gremivano gli spalti ogni volta che giocavamo in casa.”

Ha mantenuto i contatti coi suoi compagni dell’epoca?

“Sono sempre in buonissimi rapporti con molti di loro, ad esempio Quagliozzi, Bellini e Piras. Otto mesi fa sono andato a trovare Brugnera, e mi sento spesso con Corti e con Marchetti. Poi ogni volta che posso scendo in Sardegna: ho tanti bei ricordi che mi legano all’Isola. A quei tempi si stava benissimo al Cagliari: anche se eravamo in amministrazione controllata, questo non ha mai influito sulle nostre prestazioni in campo. L’anno della serie A, stagione 1979-’80, arrivarono rinforzi importanti come ad esempio Franco Selvaggi, che al fianco di Piras esplose letteralmente. Anche Gigi era uno forte, ma forte davvero. In area di rigore era implacabile.”

Enzo, che ne pensa del Cagliari di oggi? Che campionato potrà disputare, secondo lei, la squadra rossoblù allenata dal neo-tecnico Davide Nicola?

“Il calcio francamente oggi lo seguo con un po’ meno entusiasmo, e lo sa perché? Perché le squadre di serie A sono formate praticamente solo da stranieri. Tuttavia mi fa sempre piacere quando il Cagliari ottiene dei buoni risultati. L’anno scorso probabilmente non ha fatto in tempo a costruire una rosa attrezzata per la massima categoria, e infatti ha sofferto tantissimo. Cosa che potrebbe accadere anche quest’anno… E poi torno sul problema degli stranieri, che vale per il Cagliari come per tutte le altre compagini: ce ne sono davvero troppi, molti dei quali peraltro scarsi. Non so perché oggi vada di moda fare così: dalla serie C alla serie A c’è un numero spropositato di stranieri.

Comunque il Cagliari se si salva ha fatto il suo onesto campionato. Oggigiorno non c’è più molto spazio per i sogni: comanda il potere economico. Ai nostri tempi invece una provinciale ben costruita come la nostra poteva arrivare sesta o settima in A.”


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