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UN MIRTO CON... EMILIANO MELIS: "La gara con la Roma ci aveva un po' illuso. Male a Lecce, dove in undici contro dieci un pareggio era il minimo sindacale. Con l'Empoli bisogna vincere per ritrovare entusiasmo"

di Matteo Bordiga

Emiliano Melis ha realizzato il sogno che tantissimi ragazzini custodiscono gelosamente nel loro cassetto: esordire (e segnare) con la maglia della propria squadra del cuore. Selargino doc, Emiliano era un trequartista dotato di visione di gioco e di tecnica cristallina. Abile anche nei calci piazzati – oltre che nell’imbeccare gli attaccanti con quello che gli spagnoli chiamano el pase de la muerte – ha militato nel Cagliari tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila.

Ancora oggi l’ex fantasista sardo segue con trasporto e con passione le tormentate vicende della squadra rossoblù, protagonista di un inizio di campionato – come di consueto – non esattamente in discesa.

Emiliano, da cosa dipende principalmente il magro bottino – appena due punti in quattro partite, di cui ben tre in casa – fin qui rimediato dal Cagliari in serie A?

“Aveva fatto ben sperare la prima gara con la Roma, anche se è vero che spesso le partite di inizio stagione traggono in inganno. Diciamo che il Cagliari deve ancora trovare la sua dimensione. Certo, lo 0-4 subito dal Napoli non è veritiero: la squadra rossoblù ha giochicchiato benino e, tutto sommato, non ha demeritato. Il primo gol del Napoli era un tiro che, senza la deviazione di Mina, praticamente non sarebbe nemmeno arrivato in porta. C’è stato poi un infortunio del portiere… Insomma, il risultato è oltremodo pesante, però c’è da prendere atto della sconfitta. A Lecce gli avversari erano rimasti in dieci, e bisognava assolutamente approfittare dell’occasione per portare a casa almeno un punto. Quella è un’altra sconfitta che pesa parecchio. Ora c’è l’Empoli, una squadra che gioca molto bene ma che il Cagliari dovrà cercare di battere in tutti i modi.”

Delle quattro gare fin qui disputate, a suo avviso qual è stata quella interpretata meglio e, al contrario, quella giocata peggio?

“La partita migliore è stata quella con la Roma, che forse ci aveva anche fatto un po’ illudere. L’approccio e il coraggio messo in mostra fin dai primi minuti contro i giallorossi mi erano molto piaciuti. La sfida più deludente è stata senz’altro quella di Lecce: la fortuna non ci ha arriso sulla traversa di Viola, ma in undici contro dieci per tutta la ripresa era obbligatorio portare a casa almeno un pareggio. Ripeto: ora c’è da dare un bel segnale a tutto l’ambiente. E una vittoria contro l’Empoli rimetterebbe le cose a posto, restituendo un po’ di entusiasmo.”

L’attacco è sembrato spuntato: chi è, tra quelli presenti in rosa, l’attaccante sul quale puntare maggiormente e – potenzialmente – in grado di andare in doppia cifra?

“Questa è una bella domanda. Intanto diciamo che il miracolo l’abbiamo compiuto l’anno scorso con Ranieri, salvandoci praticamente senza i gol degli attaccanti. E queste sono cose che succedono una volta ogni tanto: non possono rappresentare una costante.

Piccoli è un ragazzo che si sbatte, si arrabatta e si dà tanto da fare, ma non so se possa realmente garantire la doppia cifra. Pavoletti darà sicuramente il suo contributo, ma sappiamo che ormai è praticamente un giocatore part-time. Luvumbo invece dovrebbe cominciare a crescere dal punto di vista tattico e della concretezza. Quel che è certo è che almeno a 8-9 gol a testa i titolari - e ci metto dentro anche Lapadula - devono assolutamente arrivare. Se ciascuno di loro dovesse segnare appena 3 o 4 reti, come l’anno scorso, salvarsi sarà estremamente complicato.”


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