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UN MIRTO CON... BEPPE TOMASINI

di Matteo Bordiga

Ancora oggi, per tutti, è semplicemente Tomas. Un nome facile da ricordare, abbreviazione del suo cognome che, assieme a quelli di altri sedici eroi immortali, è scritto a caratteri cubitali nel grande libro della storia del calcio sardo e italiano.

Giuseppe Tomasini, libero del Cagliari dello scudetto (fino al momento del suo grave infortunio; venne poi rimpiazzato nel ruolo da Pierluigi Cera), è uno dei Giganti che l’Isola non potrà mai dimenticare. Anche per il suo attaccamento viscerale ai colori rossoblù; dopo il ritiro ha sposato appieno la causa della Sardegna, facendone la sua terra adottiva e difendendola sempre, a spada tratta, da qualsiasi angheria, sopruso o – semplicemente – becero luogo comune. E tifa Cagliari come il primo degli ultras: segue sempre la squadra in qualsiasi situazione o categoria, è informatissimo sulle ultime vicende sportive ed extrasportive e continua a mettere nel calcio, anche ora che la sua luminosa carriera è un dolce ricordo di gioventù, tutta la passione di cui è capace.

Tomas, che gliene pare di questo Cagliari risalito dalla B e quasi pronto per provare a regalarsi una stagione, in serie A, meno sofferta e tribolata delle precedenti?

“Io dico che abbiamo, tutto sommato, una bella squadretta. Ma la cosa che mi tranquillizza di più è avere Ranieri come allenatore. È una persona preparata, uno che il calcio lo capisce davvero, e sono certo che ci condurrà alla salvezza. L’allenatore conta moltissimo. E lui, oltre ad essere un tecnico di grande esperienza, ha creato un gruppo fantastico. Una squadra deve essere come una famiglia, altrimenti è difficile ottenere certi risultati. Lo spogliatoio è fondamentale: se tra figli non si va d’accordo poi è un casino. E quando ti trovi bene coi tuoi compagni rendi meglio anche in campo.”

Un po’ come voi dello Scudetto: una grande, indistruttibile famiglia.

“Beh, noi insieme eravamo una cosa sola. Avevamo fame, volevamo vincere, arrivare. E, per inciso, eravamo anche piuttosto bravi…”

Avrà sicuramente seguito, come suo solito, i playoff promozione, dal turno preliminare col Venezia alla finale col Bari…

“Certamente. Nel calcio per vincere ci vuole un po’ di fortuna, ma il Cagliari se l’è andata a cercare. E Ranieri è stato bravissimo a far rendere ciascun giocatore più di quello che rendeva con Liverani. Li ha uniti, responsabilizzati e motivati. Se tu fai capire a un calciatore che credi in lui e che ha un ruolo importante nella squadra, poi quel calciatore ti ripaga con le prestazioni. Io dico che la promozione ce la siamo meritata, al netto della sofferenza e delle difficoltà incontrate soprattutto nelle sfide con il Bari. Sono stato profetico: a inizio campionato avevo detto che avremmo fatto i playoff; quando è subentrato Ranieri ho detto che saremmo andati dritti in serie A. La gestione del gruppo è il compito principale di un allenatore: Manlio Scopigno mica scendeva in campo, ma per noi è stato una guida imprescindibile. Lo stimavamo, lo rispettavamo e lo seguivamo in tutto. Ecco cosa intendo quando dico che il nostro Cagliari era granitico: tutti per uno, uno per tutti.”

Tomas, a suo avviso come mai il Cagliari ha reso al meglio, nella semifinale e nella finale playoff, fuori casa piuttosto che in casa? In trasferta ha giocato forse più libero mentalmente?

“Io direi che i rossoblù a Parma si sono difesi bene e, quando hanno potuto, hanno attaccato. A Bari hanno fatto la partita dal primo minuto, si sono giocati la promozione con tutte le loro forze e alla fine sono stati premiati. E aggiungo io: con merito. La serie A ce la siamo guadagnata anche al San Nicola, prevalendo sui pugliesi come squadra e come collettivo.”


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