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UN MIRTO CON... ANTONIO RAVOT: "Ranieri ha fatto un miracolo, ma il Cagliari adesso è da rifondare. Servono sei-sette nuovi innesti per restare in serie A. Non occorrono decine di milioni di euro: le parole d'ordine sono competenza e lungimiranza"

di Matteo Bordiga

Attaccante-seconda punta in forza al Cagliari tra gli anni Settanta e Ottanta, Antonio Ravot è nato a Roma da padre iglesiente. Il suo sangue, dunque, è fortissimamente rossoblù.

Sempre deciso e, quando serve, tranchant nei giudizi, Ravot fotografa la stagione del Cagliari sottolineando i meriti del condottiero Claudio Ranieri e, per converso, manifestando preoccupazione per il campionato che inizierà tra meno di due mesi.

Antonio, come si può raccontare in poche parole l’anno del ritorno in serie A del Cagliari dopo la miracolosa promozione conseguita nei playoff col Bari?

“Senza tanti giri di parole, dico che Ranieri ha fatto un miracolo. Solo lui poteva riuscirci. E solo lui poteva riuscirci con questa squadra: ora è anche brutto dirlo, ma secondo me nei quartieri bassi della classifica c’erano compagini più attrezzate rispetto al Cagliari.

Siamo contenti di aver centrato la salvezza, ma ora occorre rifondare. Non credo di esagerare affermando che ci vogliono sei-sette giocatori nuovi di zecca per restare in serie A anche l’anno prossimo. Già un anno fa non so se, onestamente, meritassimo davvero più del Bari di conquistare la promozione. Siamo stati piuttosto fortunati. Mi auguro che ora venga costruita una squadra all’altezza della massima categoria. E del nome e del blasone del Cagliari Calcio.”

Quindi a suo avviso la squadra attuale, così com’è adesso, non riuscirebbe a mantenere nuovamente la categoria?

“Molto difficile. Con Ranieri o senza Ranieri. Ad ogni buon conto il mister di Testaccio è andato via, quindi dovremo fare senza di lui. Serve investire e acquistare gente di spessore. Nel recente passato è andata bene con alcuni giocatori che sono stati prelevati da squadre militanti nelle serie inferiori e, alla lunga, si sono rivelati validi. Ma è troppo poco, non basta. Cagliari non merita questo. Cagliari merita di gravitare stabilmente nella parte sinistra della classifica. Merita di ripetere la parabola che ha compiuto il Bologna, per intenderci.”

Visto che lei parla di rifondazione, dove interverrebbe prioritariamente per migliorare l’organico? Partirebbe dalla difesa, dal centrocampo o dall’attacco?   

“Rinforzerei tutti i reparti. Ma comincerei innanzitutto dall’attacco. Là davanti abbiamo un uomo, Lapadula, che è straordinario in serie B ma che in A, storicamente, segna poco. Poi c’è Pavoletti, al quale andrebbe eretto un monumento perché ha tirato avanti a lungo la baracca e, anche l’anno scorso, ha raddrizzato diverse partite. Non ho ben capito l’acquisto, dodici mesi fa, di Petagna: uno che in A non ha mai fatto più di tre o quattro gol. Luvumbo, per fortuna, dà delle buone garanzie. Ma bisogna assolutamente prendere il bomber in grado di segnare 12-15 gol in campionato. Non ne possiamo proprio fare a meno.

In generale, è adesso - a luglio - che devono essere costruite le fondamenta del Cagliari. E devono essere fondamenta solide, collaudate. Non ci si può sempre affidare solo e soltanto a giovani di belle speranze. Attenzione, non servono decine e decine di milioni di euro: servono competenza e lungimiranza. E bisogna partire da un allenatore esperto.”

Davide Nicola, di fatto, è il nuovo tecnico rossoblù “in pectore”.

“Immagino che porterà con sé qualche calciatore di sua conoscenza. Lui e la società dovranno essere bravi a individuare quei quattro o cinque profili che costituiranno l’ossatura del Cagliari che verrà. Parlo di gente che ha voglia di mettersi in mostra, non di giocatori a fine carriera. Ci dovrà essere un giusto mix di entusiasmo e di esperienza.”


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