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ESCLUSIVA TC - GIORGIO MELIS: "La gara col Parma è l'occasione buona per fare il botto e uscire dal tunnel. Dovremo fare la nostra partita, senza mai rinunciare ad attaccare. Andrea Capone era un vero professionista e un trequartista fenomenale"

di Matteo Bordiga

Prima calciatore del Cagliari negli anni Settanta e poi, nel 2010, anche allenatore ad interim della formazione isolana dopo una lunghissima trafila nello staff tecnico delle giovanili, Giorgio Melis ha praticamente vestito di rossoblù tutta la sua vita calcistica. E dispensa pillole di puro ottimismo in vista della sfida di stasera al Tardini contro il Parma, “perché spero che possa essere la gara in cui finalmente la squadra faccia il botto”.

Giorgio, i numeri del Cagliari in questo avvio di campionato sono a dir poco allarmanti. In sintesi, non si segna quasi mai e si subisce tanto. Cosa sta accadendo all’undici allenato da Davide Nicola?

“Il Cagliari inizialmente ci ha illuso con delle prestazioni brillanti e positive. Penso soprattutto alla partita d’esordio contro la Roma, che faceva sperare in un campionato quantomeno tranquillo. Ora è chiaro che stiamo vivendo un momento molto difficile, che però va superato soprattutto con il confronto e con il dialogo costante tra i giocatori e l’allenatore. Ecco perché la società ha optato per il ritiro: è fondamentale che i componenti della rosa si conoscano bene tra di loro e creino empatia e sintonia – tanto tecnica quanto caratteriale – all’interno del gruppo. Tutto questo pone i presupposti ideali per affrontare con lo spirito giusto qualsiasi avversario.

Oggi col Parma non sarà semplice: se li lasci giocare gli emiliani sono molto bravi, ma confido in una grande prestazione e in un risultato positivo per il Cagliari. Personalmente sono molto fiducioso: mi auguro di ‘fare il botto’.”

Il Parma è una formazione molto abile ad attaccare in campo aperto: quando hanno spazio, gli esterni d’attacco e le punte gialloblù sanno far male. Lei come affronterebbe tatticamente questa partita?

“Ho visto i ducali contro il Milan e al Maradona contro il Napoli. Senza l’ingenuità clamorosa del portiere, che si è fatto espellere a una ventina di minuti dalla fine, probabilmente Bernabè e compagni avrebbero fatto il colpo grosso contro gli azzurri di Antonio Conte. Io non gli concederei spazi in campo aperto, certo, ma non rinuncerei assolutamente a fare la partita. Insomma, cercherei con insistenza di fargli male dalla metà campo in su. Presterei molta attenzione a Man, il pericolo pubblico numero uno che quando ha spazio a disposizione diventa imprendibile, ma partirei con l’idea di attaccare e di fare gol. Anche perché vale sempre la pena di giocarsi la partita a viso aperto, per non avere poi rimpianti in caso di sconfitta. Dovremo essere senza dubbio molto corti e compatti anche nel pressing alto, senza mai disunirci o allungarci. Ma direi che tutto questo è nelle corde dei nostri giocatori, che sono cresciuti dopo un anno di serie A e stanno acquisendo sempre più esperienza. Bisogna uscire dal tunnel di negatività in cui ci siamo infilati, e quella di Parma è l’occasione buona per farlo.”

A suo avviso quali sono i principali problemi che attanagliano i rossoblù? Preoccupa di più la precaria tenuta difensiva o la sterilità del reparto avanzato?

“Quando si rompono gli equilibri si soffre sia davanti che dietro. La fase difensiva bisogna farla tutti insieme, e nel calcio di oggi sappiamo benissimo che occorre anche attaccare tutti insieme. Il Cagliari ha smarrito quell’equilibrio che consentiva di orchestrare al meglio le due fasi di gioco. Io mi auguro che oggi i nostri calciatori possano ritrovare i meccanismi e i tempi giusti per difendere meglio e per presentarsi con pericolosità dalle parti del portiere avversario.”

Giorgio, in chiusura le chiedo un ricordo dello sfortunato Andrea Capone, che lei avrà avuto senz’altro modo di conoscere personalmente.

“Andrea, quando io sono rientrato a Cagliari, era ancora nella primavera di Elvio Salvori. Era un ragazzo straordinario; conoscevo personalmente anche il padre, un uomo che viveva anch’egli di calcio. Sono veramente rattristato da quello che ho letto: Andrea era un esempio di professionalità e amava il bel gioco. Era un trequartista fenomenale, cresciuto nel nostro settore giovanile. Salvori era il suo maestro.”


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