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ESCLUSIVA TC - DIEGO LOPEZ: "La morte di Riva ha toccato tutti, non solo i tifosi rossoblù. Lo conobbi tanti anni fa: aveva fatto dell'Isola una scelta di vita. Ora la gente deve stringersi attorno alla squadra, per condurla alla salvezza"

di Matteo Bordiga

“El Jefe”, il colonnello. Diego Lopez, leader carismatico e uomo simbolo del Cagliari per molti anni nel recente passato, oltre che tecnico a più riprese del club isolano sotto le gestioni Cellino e Giulini, dal lontano Ecuador – dove allena assieme all’inseparabile ex compagno e collega Michele Fini – tradisce una certa emozione quando gli si chiede di ricordare Gigi Riva. La voce si fa compita, grave. Le parole diventano sussurri, nel sincero e raccolto dispiacere per la perdita di un’istituzione vivente della “sua” Sardegna: terra che lui, uruguaiano di Montevideo, ha imparato ad amare e a rispettare proprio come faceva Rombo di Tuono.

Parla sottovoce “El Jefe”, tributando un omaggio accorato e discreto. Quasi non volesse turbare la memoria di un uomo che lui ha incontrato solo di sfuggita, ma del quale conosceva bene il valore e la grandezza.

Diego, lei è stato a Cagliari – da giocatore – per dodici anni. Cosa la legava, personalmente e calcisticamente, a Gigi Riva?

“Prima di tutto voglio dire che la notizia della sua morte ha colpito tutti, non solo i tifosi del Cagliari. È stata uno shock per tutto il mondo dello sport italiano. Certo, la Sardegna ha accusato particolarmente il colpo, perché tutti sappiamo quello che lui ha fatto per questa magnifica terra.

Ricordo che lo conobbi, tanti anni fa, presso un negozio di videonoleggio di VHS. Stavamo cercando entrambi un film da vedere a casa. Parlammo un po’, fu emozionante. Poi ci capitò di incontrarci nuovamente, anche grazie a degli amici comuni, e di chiacchierare di varie cose. Era molto bello parlare con lui, anche per ciò che rappresentava agli occhi di noi tutti. Per la sua figura autorevole e gigantesca e per la storia personale che poteva raccontare: quella di un uomo che aveva sposato, in tutti i sensi, i sardi e la Sardegna. E che aveva fatto sognare un popolo intero con la maglia rossoblù.”

Avete mai parlato di calcio, magari del Cagliari in cui lei militava negli anni Duemila? Lui le ha dato qualche consiglio tecnico o comportamentale?

“Sinceramente no. Parlavamo un po’ di tutto, ma di calcio molto poco. Anche perché spesso ci incontravamo insieme a tante altre persone, quindi si finiva per confrontarsi su tematiche diverse da quelle calcistiche. Però sapevo che lui seguiva con molta attenzione le vicende della nostra squadra: era sempre vicino alle sorti dei colori rossoblù.”

Venendo alla stretta attualità, come commenta il momento che sta vivendo il Cagliari di Ranieri? La squadra viene da due sconfitte pesantissime, contro Frosinone e Torino, e lunedì prossimo è attesa dalla trasferta dell’Olimpico contro la Roma. Come si viene fuori da una situazione così ingarbugliata, dal punto di vista tecnico ma anche psicologico (i sardi sono ripiombati in piena zona retrocessione)?

“In realtà faccio fatica a esprimere un’opinione, perché ultimamente sono stato a lungo a Miami per il ritiro precampionato della mia squadra e, per via degli allenamenti e del fuso orario, non sono riuscito a vedere le partite del Cagliari. Però ammettiamolo: eravamo tutti consapevoli del fatto che i rossoblù avrebbero vissuto una stagione molto difficile e sofferta.

In questi casi è importante non mollare a livello mentale e tenere la testa ben focalizzata sul campionato: mancano ancora tante partite alla fine. Non bisogna demoralizzarsi dopo qualche sconfitta, seppur pesante, ma restare uniti e compatti innanzitutto a livello di gruppo e di ambiente. Quella è la cosa più importante. Tanto che quando i tifosi, la squadra e la società hanno remato nella stessa direzione il Cagliari, come insegna il recente passato, ha sempre centrato l’obiettivo della salvezza.”


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