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ESCLUSIVA TC - CICCIO GRAZIANI: "Il Cagliari era la mia favorita ai playoff: per l'organico di cui disponeva ha faticato anche troppo. Shomurodov ottimo attaccante, potenzialmente da 10-12 gol"

di Matteo Bordiga

Prima campione con le scarpette chiodate ai piedi, poi allenatore, quindi mattatore in tivù e apprezzato opinionista.

Per descrivere Francesco “Ciccio” Graziani non basterebbero mille aggettivi: dopo una carriera sfolgorante, culminata nella conquista del Mondiale in Spagna nel 1982 ma precedentemente nobilitata da uno storico scudetto vinto a Torino in maglia granata (campionato 1975-’76), e alcune esperienze in panchina (Fiorentina, Ascoli, Reggina su tutte), si è reinventato personaggio televisivo nazional-popolare nella celebre trasmissione “Campioni, il sogno”, rivelando il proprio lato più istrionico e folkloristico.

Dopo essere entrato nell’immaginario del pubblico televisivo a forza di battute sferzanti, irresistibili siparietti e fantasiose imprecazioni in panchina nei panni di allenatore del Cervia, ha proseguito la sua intensa attività nel mondo dello spettacolo. Fino ad affermarsi come opinionista calcistico di riferimento sulle reti Mediaset e non solo.

Riguardo la promozione del Cagliari in serie A, il “Ciccio” nazionale ha le idee molto chiare. Così come sulle prospettive del sodalizio rossoblù in massima serie.

Graziani, come giudica l’ultimo campionato “double face” del Cagliari, contraddistinto da un girone d’andata deficitario e da una seconda parte di stagione straordinaria, di fatto inaugurata dall’arrivo di Ranieri in panchina? Su cosa ha puntato il tecnico romano per far “svoltare” radicalmente i rossoblù e condurli alla promozione?

“Beh, intanto direi che c’era da preoccuparsi prima dell’arrivo di Ranieri per il fatto che la squadra stentasse a ottenere buoni risultati in serie B. Il Cagliari era stato costruito per risalire subito dopo la dolorosa retrocessione del 2022; tra l’altro, almeno sette giocatori su undici della formazione che aveva iniziato lo scorso campionato di B avevano precedentemente militato in serie A. Per cui la competitività c’era eccome. Evidentemente, però, a livello ambientale c’era qualcosa che non funzionava. A mio avviso la prima cosa che ha fatto Ranieri, una volta arrivato in Sardegna, è stata riportare compattezza, serenità e autostima nel gruppo. Unitamente alla convinzione che non si poteva andare avanti in quella maniera. Del resto la società ha ingaggiato un tecnico dell’esperienza di Claudio Ranieri proprio per imprimere una svolta alla stagione non solo dal punto di vista tecnico-tattico, ma anche da quello caratteriale.”

Tatticamente la svolta sembrerebbe essere arrivata col passaggio dal 4-3-3, modulo prediletto da Liverani, al 4-3-1-2, con l’impiego di Mancosu nel suo ruolo naturale di trequartista. Proprio il fantasista sardo, in molte partite, ha fatto la differenza. È d’accordo?  

“Direi di sì. Probabilmente Claudio ha capito che i giocatori di cui disponeva, per caratteristiche tecniche, non erano adatti a interpretare il modulo proposto da Liverani. Dobbiamo partire dal presupposto che non sono mai i moduli in sé a far vincere le partite o a determinare il successo o l’insuccesso di una squadra: è il modo in cui i giocatori interpretano quel tipo di assetto tattico a risultare decisivo ai fini della prestazione collettiva. È del tutto inutile che io schieri la squadra col 4-3-3 se non ho i calciatori adatti a esaltare quel sistema di gioco. Ranieri ha capito che il 4-3-1-2 era un abito migliore per la sua squadra, ed è andato avanti per lo più su quella strada.”

Nella doppia finale col Bari il Cagliari ha sofferto molto all’andata, all’Unipol Domus, strappando un pareggio che stava alquanto stretto ai galletti. Poi però al ritorno in Puglia, davanti a sessantamila spettatori “nemici”, ha comandato il gioco e creato tante occasioni, meritando infine la vittoria nonostante il gol di Pavoletti sia giunto fuori tempo massimo.

“Oddio, dire ‘ha comandato il gioco’ mi sembra un po’ troppo. In realtà le occasioni migliori, al San Nicola, ce le ha avute proprio il Bari: penso al palo clamoroso di Folorunsho nella ripresa. Di certo negli ultimi venti minuti sono saltati un po’ tutti gli equilibri, perché il Cagliari si è gettato in avanti alla ricerca del gol-promozione e il Bari non è stato capace di sfruttare gli spazi che inevitabilmente i rossoblù concedevano nel tentare di vincere a tutti i costi la partita. Poi al 94’ Pavoletti ha trovato la zampata giusta che ha mandato il Cagliari in paradiso, ma devo dire che anche nella gara di ritorno, se parliamo di palle gol nitide, forse qualche occasione in più ce l’hanno avuta i biancorossi. D’altra parte nel calcio non vince chi crea di più, ma chi è più abile a capitalizzare al massimo le proprie chance.

Comunque il fatto di dover giocare per un solo risultato probabilmente ha avvantaggiato psicologicamente i sardi, più sciolti e disinvolti al San Nicola rispetto alla partita d’andata. Lo stesso discorso sarebbe valso per il Bari: se avesse dovuto ottenere la vittoria per andare in serie A avrebbe impostato una gara diversa davanti al proprio pubblico. Ad ogni modo io avevo detto, ancora prima che iniziassero i playoff, che la squadra più attrezzata per salire in A era proprio quella di Ranieri. Anzi, secondo me ha fatto fin troppa fatica a centrare l’obiettivo: pensavo soffrisse di meno, invece ha tribolato parecchio per raggiungere l’agognato traguardo. Alla fine dei conti, però, ce l’ha fatta e adesso può godersi il massimo campionato.”

Come giudica il mercato fin qui condotto dalla società isolana? Accanto a giovani prospetti come Sulemana e Oristanio sono arrivati calciatori più conosciuti e collaudati, da Jankto a Shomurodov. Si sta insistendo per ingaggiare Palomino, centrale difensivo dell’Atalanta. Insomma, un “mix” tra freschezza ed esperienza.

“Si tratta senz’altro di buoni giocatori. Certo, magari non sono nomi che scaldano il cuore dei tifosi cagliaritani. A mio parere questa squadra va rinforzata non solo dal punto di vista tecnico, ma anche sotto il profilo caratteriale. Urge qualche innesto là davanti, perché in serie A – che è un mondo completamente diverso dalla serie B – è molto più difficile far gol. E poi vanno benissimo i giovani, ma servono qualità, praticità ed esperienza: l’obiettivo chiaro del Cagliari è quello di salvarsi il prima possibile. Il profilo di Palomino va proprio in questa direzione.”

Per chiudere, un suo parere – da attaccante – su Eldor Shomurodov. Un calciatore dotato di buoni colpi, eppure sotto il profilo realizzativo negli ultimi anni non è andato benissimo. Lei come lo inquadra?

“Shomurodov è un buonissimo giocatore. A Roma, sponda giallorossa, ha trovato poco spazio; a La Spezia ha giocato un po’ di più ma in una situazione particolare e difficile, con la squadra sempre pericolante e con il cambio di guida tecnica. Ma ripeto: è un ottimo giocatore. L’importante sarà aver fiducia in lui, credere fino in fondo nelle sue potenzialità. Potrebbe partire lentamente e magari, all’inizio, fare un po’ di fatica. Ma a mio avviso può rivelarsi il partner ideale per Lapadula. Certo, se si guardano i suoi numeri magari ci si scoraggia un po’, ma se lo si vede giocare e allenarsi si capisce che questo è un ragazzo con delle buone qualità e con tutte le carte in regola per contribuire alla causa del Cagliari. È uno che corre, che lotta, che svaria su tutto il fronte dell’attacco con grande impegno e abnegazione. E, a mio avviso, se azzecca l’annata giusta Shomurodov 10-12 gol li può anche fare.”


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