.

ESCLUSIVA TC - ANTONELLO CUCCUREDDU: "Da sardo sono felicissimo per il ritorno del Cagliari in serie A. Ora si punti sui giovani, con fiducia e coraggio: Luvumbo ha dimostrato di poter giocare in Italia"

di Matteo Bordiga

Una carriera (quasi) completamente vissuta alla corte di Madama, al cui fascino ed eleganza non sapeva resistere.

Terzino sinistro/stopper/mediano originario di Alghero, distintosi negli undici lunghi anni di militanza juventina per la straordinaria vena realizzativa (ancora più insolita per un difensore dell’epoca), Antonello Cuccureddu ha fatto della versatilità e della flessibilità tattica la sua arma vincente. Il suo cavallo di battaglia.

Partito dalla Torres (stagione 1967-68), è arrivato fino alla Nazionale, disputando da protagonista i Mondiali argentini del 1978. Nonostante la fede dichiaratamente bianconera, l’algherese non può che esultare – da sardo – per la recente promozione del Cagliari, “un risultato di fondamentale importanza per tutta l’Isola”.

Antonello, ha visto i playoff dei rossoblù contro Venezia, Parma e Bari?

“No, in realtà non ho visto le partite. Però mi sono tenuto informato, e con grande gioia ho appreso del ritorno del Cagliari in serie A. Personalmente sono felicissimo, da sardo, che i rossoblù siano tornati dove dovrebbero stabilmente stare per prestigio, storia e blasone. Io sono juventino fin dalla nascita, però il Cagliari ce l’ho dentro. Come dicevo, è una squadra che ha tradizione e un peso specifico importante, perché rappresenta tutta la Sardegna. Mi auguro dunque che continui questa cavalcata e che, quantomeno, rimanga in A per tanti, tanti anni. Non può e non deve essere stata, questa, una promozione ‘di passaggio’. Occorre strutturare una compagine in grado di difendere la categoria a lungo: se lo merita la città, se lo merita l’Isola e se lo meritano i tifosi. Una società che si chiama ‘Cagliari’ non può essere solo una comparsa in massima serie.”

I rossoblù stanno cercando, nel mercato estivo in vista del massimo campionato, di affiancare a giovani di belle speranze – da Sulemana a Oristanio – calciatori esperti e già rodati in serie A. Le sembra una strategia condivisibile?

“Credo di sì: il mix tra talenti in erba e veterani è sempre una scelta intelligente e ponderata. Io però, per mia forma mentis, punto tantissimo sui giovani. Penso che si debba credere fermamente in loro, e che sia importantissimo lanciarli senza esitazione, quando sono bravi. D’altra parte se, a parole, si afferma di avere fiducia nei ragazzi, poi bisogna dargli spazio e farli giocare. Altrimenti come acquisiscono l’esperienza necessaria a sfondare? Io mi arrabbio quando sento dire agli addetti ai lavori: ‘Eh, ma ha vent’anni…’. Cosa significa? Se uno ha diciotto, diciannove o vent’anni ma ha talento va messo in campo! Non importa l’età, se sei bravo sei bravo. Ce lo dimostrano i più grandi club europei, che fanno esordire i loro giovani, a volte, ancor prima che compiano diciott’anni. Tra l’altro mi sembra che il settore giovanile del Cagliari sia più che valido: ecco, bisogna pescare da lì e valorizzare i profili migliori.”

A questo proposito, cosa ne pensa di Luvumbo? È proprio quel prototipo di giocatore: talentuoso ma un po’ acerbo, e ancora piuttosto discontinuo. Meglio puntare su di lui in serie A o trovare un attaccante dalle caratteristiche simili al quale affidare la maglia da titolare?

“Intanto, come prima cosa mi sento di dire che Luvumbo va tenuto, perché ha dimostrato di poter tranquillamente giocare nel Cagliari e contro le difese italiane. Se poi dovesse arrivare anche un altro attaccante ancora più importante, ben venga. Ma innanzitutto blinderei Luvumbo: non c’è necessariamente bisogno di andare a prendere rinforzi altrove se hai già dei prospetti più che interessanti in organico. Il fatto è che devi crederci e dargli una chance: ripeto, se uno merita di giocare deve giocare, anche se ha meno di vent’anni.”

Antonello, apriamo l’album dei ricordi. Lei in carriera, soprattutto con la maglia della Juventus, ha affrontato tante volte il Cagliari. Qual è la gara disputata contro i rossoblù che ricorda con maggior piacere?

“Sicuramente l’esordio con la maglia della Juve, nell’autunno del 1969. Cagliari-Juventus, 1-1 all’Amsicora. Avevo vent’anni. Un debutto coi fiocchi, perché siglai proprio io il gol del pareggio. Ci fu una respinta della difesa cagliaritana e la palla mi arrivò sui piedi al limite dell’area di rigore: calciai al volo con forza e per Albertosi non ci fu niente da fare. Un tiro imprendibile. Fu un’emozione enorme, perché avevo debuttato nella mia terra segnando perfino una rete. Mi dispiacque un po’ per il Cagliari, ma del resto io giocavo nella Juve.”


Altre notizie
PUBBLICITÀ