Ranieri, le accuse di tradimento e i retroscena dell'addio al Cagliari
di Sergio Demuru
Il commiato di mister Ranieri da Cagliari fu accettato di buon grado da tutti. Dai tifosi e dagli addetti ai lavori, che effettivamente avevano visto in lui un uomo stanco, provato da due stagioni vissute sull’orlo di una crisi di nervi, fors’anche con qualche dubbio sul futuro della società rossoblù. Una progettualità compromessa anche e soprattutto dalle vicende di uno stadio ancora lungi dall’essere costruito in una Cagliari che crede ciecamente in una squadra che possa, un domani, alzare l’asticella delle prospettive magari puntando a qualcosa di più di una risicata salvezza.
Qui però subentrano altre componenti: il patron Giulini ha fatto di tutto e di più, sono le maestranze regionali che tentennano e pare si mettano di traverso senza farsi coinvolgere dalle esigenze popolari. Ed ecco che il tecnico di Testaccio decise, fra mille perplessità, di mettersi da parte, nonostante avesse riconosciuto a tutta l’isola di avergli offerto sostegno incondizionato. Senza una corposa spinta da parte dei “supporters”, sempre continuativa e perseverante, non si sarebbe potuta raggiungere una promozione prima ed una salvezza poi. Insomma, due traguardi non banali, da conservare con gelosia nel cassetto dei ricordi. E probabilmente, tutte le esternazioni di Ranieri dopo il raggiungimento dell’obiettivo minimo societario, partivano dal profondo dell’animo.
Dopo tanti anni in trincea, l’allenatore voleva mettersi in un cantuccio, con il solo pensiero rivolto alla famiglia ed ai nipotini in particolare. Quella che è scattata in lui in quest’ultimo lasso di tempo deve essere stata una molla incontrollabile. Una chiamata della Roma, la squadra della sua città, dove mosse i primi passi da calciatore, ha avuto effetto devastante. Non ha saputo dire di no. Anche se, in verità e non si scopre certo l’acqua calda, lo stesso Ranieri spesso e volentieri, quando si parlava del suo futuro, disse sempre che avrebbe ceduto alle lusinghe solo per una chiamata da parte di una nazionale. Che fosse quella italiana o di altro paese non fu mai in grado di chiarirlo esplicitamente. Ma questo è un dettaglio. Neppure si aspettava che la Roma, affidata prima a De Rossi e successivamente ad Ivan Juric, ponesse le proprie attenzioni sulla sua persona.
La società capitolina ha avuto il coraggio di esonerare un’icona come lo stesso De Rossi, creando una prima frattura con la propria tifoseria, avvezza a rispettare le bandiere. Juric, poi, è stato travasato quasi senza accorgersene dalla padella alla brace. Ora tocca a Ranieri. Non è da biasimare l’ex allenatore del Cagliari, anche se, soprattutto sui social, gli sono piovute addosso critiche spesso feroci. Accusandolo di tradimento. Verso chi o cosa non si è ben capito. Ha semplicemente risposto al suo cuore e, se è vero che “al cuor non si comanda”, vien da se che si sia sentito anche una sorta di salvatore della patria giallorossa. Un paladino senza macchia e senza paura. Se poi arrivano anche i dollari della proprietà non italiana della Roma, beh, certo, tirarsi indietro sarebbe stato insensato.