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I RESTI DELLA FESTA

di Vittorio Sanna

 di Vittorio Sanna

È rimasta forte l’eco, come un rombo di tuono, suoni della natura che eleggono l’uomo e i suoi valori davanti a qualsiasi altro elemento, sia tecnico che tattico. È rimasto il vuoto dopo l’addio di Claudio Ranieri, protagonista assoluto di una festa salvezza carica di emozione. Educazione e eleganza in un mondo in cui spesso latitano, sono state più forti di qualsiasi altra valutazione, in modo travolgente, toccando le corde giuste di un popolo sensibile ai miti, soprattutto nell’anno della scomparsa del dio Gigi. È rimasto il Cagliari, salvo ma condannato a riempire di altrettanta speranza e ottimismo una piazza che non può vivere solo di nostalgie. Giusto tenerne i parametri, affiancando però all’emozione anche la ragione, per raggiungere una intelligenza che sappia leggere aldilà del solo trasporto del cuore. 36 punti sono bastati, minimo storico delle salvezze rossoblu, eguagliando un altro minimo, quello delle vittorie, 8 come nel 2005/06, e andando meglio in termini di gol subiti solo rispetto ad un’altra salvezza, nel 2016/17, quando furono 8 in più al passivo, 76 contro i  68 di quest’anno. La differenza che ha fatto Claudio Ranieri è quindi evidente, nascondendo tante lacune e portando la nave in porto malgrado il mare in burrasca. Senza di lui è necessario capire cosa concretamente rimane.

Di certo un presidente sul quale si rinnova la pressione. Con l’arrivo di Ranieri aveva risolto anche un problema di relazione con la piazza cagliaritana. Aveva consegnato la squadra ad un amministratore anche delle relazioni pubbliche che immediatamente hanno prodotto un cambio di habitat, la risorsa più importante del Cagliari di queste ultime due stagioni. Il grande merito di Ranieri è stato soprattutto questo: rendere collaborativo il tifo rossoblu, farlo diventare il top player, trasformarlo in un mental coach di straordinaria efficacia. Citando Gigi Riva, l’orgoglio della sardità, la riconoscenza per un luminoso avvio di carriera, i valori di un popolo, ci si è garantiti il sostegno incondizionato, lasciando i mugugni al solo brontolio di stomaco. E in casa sono state costruite le grandi imprese, è stato alimentato l’entusiasmo, si è specchiata la caratteristica indomabile della squadra. Ranieri è stato un grandissimo animatore, ha chiesto e ottenuto fiducia e sostegno, la stessa che ha lasciato in eredità ai calciatori, invitando il pubblico a non lasciarli mai soli. 

Ma soli ora siamo. C’è da valutare quanto valore è rimasto dopo la partenza del tecnico. Quanto sono cresciuti i calciatori che ha guidato per 18 mesi. Quanti di loro sono adatti a passare sotto altro comando garantendo efficacia e affidabilità. Quanto merito della società c’è stato nel chiamare Ranieri, capendo che era l’unica soluzione. Se aldilà di Ranieri non fosse rimasto niente, o comunque poco, il vuoto da colmare sarebbe enorme, ripulendo le macerie di ricordi e sensazioni, di idee e convinzioni che rendono elaborato il futuro. Giulini, Bonato, il patrimonio calciatori, il resto della società, il settore giovanile, elementi esterni alla grande impresa, almeno all’apparenza sono le ceneri di una fenice da far rinascere. Cercando di lasciare da parte scomodi e idealizzati paragoni, Ranieri allenatore come fu Riva cannoniere, da consegnare alla leggenda ma da non usare come metro di giudizio. 


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