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ESCLUSIVA TC - EMILIANO MELIS: "I cinque punti ottenuti contro Atalanta, Inter e Juventus si sono rivelati decisivi. Il salto di qualità chiesto dai tifosi? Punterei su un'intensa attività di scouting. In passato abbiamo preso troppe figurine"

di Matteo Bordiga

Ha coronato la sua grande aspirazione – da cagliaritano verace, precisamente di Selargius – di giocare nel Cagliari tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, segnando complessivamente sei reti in maglia rossoblù. Era un fantasista tutto estro e tecnica, abile nei calci piazzati e nel confezionare assist al bacio per le punte: uno di quei numeri dieci per i quali la rifinitura illuminata – “el pase de la muerte” – vale almeno quanto un gol.

Emiliano Melis, oggi quarantacinquenne, esamina la stagione di quella che, negli anni, è sempre rimasta la sua squadra del cuore, oltre che l’emblema del suo sogno realizzato.

Emiliano, il bilancio finale del Cagliari di Ranieri parla di 36 punti in 38 partite e di una salvezza strappata con le unghie e con i denti alla penultima giornata. Basta per essere soddisfatti?

“Diciamo che la cosa più importante era raggiungere l’obiettivo di inizio stagione, che a un certo punto sembrava decisamente allontanarsi. Ci sono state diverse fasi nel corso dell’annata: all’inizio c’era molto pessimismo attorno alla squadra. Io stesso, a dire la verità, manifestavo un cauto ottimismo solo ed esclusivamente per via del fatto che alla guida c’era Claudio Ranieri. Di lui mi fidavo ciecamente. Poi a un certo punto i rossoblù hanno inanellato una serie di ottime prestazioni e si sono come risvegliati. Infine, nell’ultima parte del campionato abbiamo rivisto i fantasmi. All’atto pratico, sono risultate decisive le famose tre sfide contro Atalanta, Inter e Juventus. I più fiduciosi ipotizzavano che potessimo uscire da quel miniciclo di partite terribili con al massimo uno o due punti. Ne abbiamo fatti cinque, che hanno impresso una svolta determinante alla nostra stagione.

Alla fine la situazione si è un po’ complicata anche in seguito a risultati per così dire ‘curiosi’ venuti fuori in altre gare: penso ad esempio alla vittoria del Sassuolo sull’Inter. Senza poi contare l’altro fattore condizionante, ovvero il fatto che non ci fosse contemporaneità tra le sfide salvezza nelle ultime giornate: una cosa che trovo veramente assurda e inaccettabile. Il Lecce, per dirne una, è sceso in campo con l’Udinese consapevole di essere già salvo grazie ai risultati delle dirette concorrenti che avevano giocato prima, e questo ha inevitabilmente influenzato la sua prestazione.

Insomma, a pochi metri da traguardo noi abbiamo rischiato qualcosa. Però abbiamo avuto la forza e il carattere di vincere con merito una partita delicatissima come lo spareggio di due domeniche fa contro il Sassuolo: lì si è vista l’anima, la personalità della squadra. Per cui che dire alla fine? Tutto sommato eravamo una neopromossa che si presentava in serie A da quinta classificata nel precedente torneo di B. E non eravamo certo una corazzata: prova ne è il fatto che non abbiamo avuto nemmeno un bomber-trascinatore da dieci-tredici gol. I nostri attaccanti hanno segnato tutti, certo, ma non più di tre-quattro reti a testa. Per contro è stato bravo l’allenatore, perché il Cagliari ha mandato in gol un gran numero di giocatori tra difensori, centrocampisti e attaccanti.”

Nell’ultima gara stagionale contro la Fiorentina all’Unipol Domus il pubblico cagliaritano si è espresso chiaramente: pretende almeno un minimo salto di qualità da parte della società. Insomma, le salvezze rosicchiate al fotofinish ai tifosi non bastano più. Come e dove può essere compiuto questo “upgrade”, magari con l’obiettivo di arrivare a fare un campionato di centroclassifica?

“Il percorso auspicato deve partire da lontano. Il presupposto fondamentale, a mio parere, è quello di avviare un’attività di scouting attenta e capillare. L’Atalanta scova tutti gli anni giocatori sconosciuti che poi puntualmente brillano in Italia e in Europa. La stessa cosa, quest’anno, ha fatto il Bologna. Il Cagliari, in quanto a blasone, non ha nulla in meno rispetto a queste due società. Va da sé che noi facciamo fatica a prendere elementi di spessore già affermati, per cui serve individuare e valorizzare giovani di talento da lanciare poi ai massimi livelli. Lo stesso Napoli scudettato è andato a prendere Kvaratskhelia quando nessuno lo conosceva. Purtroppo noi in passato abbiamo ingaggiato troppe ‘figurine’: calciatori dai nomi altisonanti ma, a ben vedere, ormai giunti al crepuscolo della loro carriera. Ecco, quelli sono stati errori clamorosi, che una società come il Cagliari non può assolutamente permettersi di commettere.”


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